Differenza tra coppia e potenza dell’auto

Ti sei mai chiesto quali differenze ci sono tra coppia e potenza? E cosa conta di più per te?

Spesso capita di sentire due persone che parlano di auto tra loro e la prima domanda che nasce quasi spontanea è “ma quanti cavalli ha?”. Segno che l’argomento potenza del motore è tra i più gettonati fra gli appassionati di automobili. In questi ultimi anni però, grazie anche ad internet e alle maggiori informazioni che mette a disposizione degli utenti, un altro parametro motoristico che sta acquisendo visibilità è “la coppia”.
Sono stati i moderni propulsori Diesel sovralimentati a portare alla ribalta questa importante caratteristica dei motori, tanto che ormai le Case automobilistiche fanno a gara per produrre motori con coppie poderose sempre più efficienti.

È opportuno spiegare, dal punto di vista tecnico, cosa sono, come si misurano e soprattutto come incidono sulla guida, questi due importanti parametri, anche perché, come vedremo, essi sono profondamente legati fra di loro.

Cosa sono la potenza e la coppia?

Cominciamo dalla fisica vedendo quali sono le loro unità di misura: la potenza si esprime in CV oppure in kW (utile per calcolare il bollo...), mentre la coppia è calcolata in Nm o in kgm. Usualmente, le schede tecniche delle automobili riportano la potenza in CV e la coppia in Nm. Si può comunque agevolmente passare da una unità di misura all’altra: un kW corrisponde a 1,36 CV, mentre un kgm equivale a 9,81 Nm.

Cerchiamo di capirne il significato di coppia aiutandoci con un paragone “ciclistico”. Prendiamo in considerazione, appunto, una bicicletta: per avanzare è necessario che il ciclista eserciti attraverso le gambe un forza (muscolare) sui pedali. Analogamente, in un motore, la spinta esercitata dai gas di combustione sul pistone si scarica attraverso la biella (la gamba del ciclista) sulla manovella dell’albero motore (il pedale) e lo mette in rotazione. Ebbene, la coppia non è altro che la capacità dei gas di combustione presenti nel cilindro di far ruotare l’albero motore, ovvero di produrre una spinta (che in questo caso servirà a muovere l’auto). Tanto più la coppia sarà elevata, tanto più facilmente e rapidamente il motore sarà messo in rotazione, con tutti i suoi organi collegati, con evidenti benefici effetti sulla qualità e sulla piacevolezza della guida.

Ci siamo certamente resi conto che andando in bicicletta non applichiamo sempre la stessa forza sui pedali, anzi essa sarà massima con la pedivella orizzontale e nulla con la pedivella verticale. La stessa cosa si verifica nel manovellismo pistone-biella-albero motore, per cui la coppia varia continuamente durante un ciclo di funzionamento: il valore che si prende in considerazione è quello medio.

Come si misura la coppia?

Il motore viene posizionato su un banco-prova e fatto funzionare con l’acceleratore rigorosamente tutto premuto; modulando un apposito freno applicato all’albero motore, è possibile variarne la velocità di rotazione, e misurando i valori di coppia per un certo numero di giri-motore, si ottiene la ben nota curva di coppia. Essa ha un andamento prima crescente con il numero di giri, poi un tratto quasi costante all’interno del quale raggiunge il valore massimo, ed infine un tratto decrescente: il valore di coppia riportato nelle schede tecniche dei motori, corrisponde al picco della curva ed è generalmente situato circa a metà del campo di utilizzo di un motore. L’importanza di questa curva, come vedremo, risiede nel fatto che essa determina il carattere di un motore.

Come si calcola la potenza?

Abbiamo detto prima che coppia e potenza sono in qualche modo collegate, perché? Perché la potenza si ottiene, semplicemente, moltiplicando punto per punto il valore della coppia misurato al banco per il suo corrispondente regime di rotazione. Cimentandoci con la matematica, basta moltiplicare la coppia espressa in Nm con la velocità di rotazione espressa in giri/minuto e poi dividere il tutto per 9550, per ottenere la potenza del motore (espressa in kW) a quel determinato regime. Dal punto di vista fisico, quindi, la potenza è una misura della quantità di lavoro prodotta nell’unità di tempo: per come è definita, è una grandezza strettamente dipendente dalla presenza di uno spostamento (o di una rotazione, come nel caso dei motori).

Per comprendere meglio questi concetti, torniamo al paragone ciclistico e supponiamo di dover affrontare prima una salita e poi un tratto in pianura: a parità di forza impressa sui pedali (che, come visto, genera coppia), in salita ci muoveremo lentamente perché dobbiamo vincere, oltre agli attriti, anche la forza di gravità che tende a trascinarci all’indietro, mentre in pianura la nostra spinta non dovrà preoccuparsi della forza di gravità. È evidente che nella seconda situazione riusciremo a pedalare più speditamente pur applicando la stessa forza, producendo, in definitiva, più lavoro nello stesso lasso di tempo e quindi più potenza.

Un altro esempio: supponiamo che la nostra bicicletta sia legata con una robusta catena ad un palo, per quanta forza noi possiamo imprimere sui pedali, generando certamente una coppia motrice, resteremo fermi, non produrremo alcun lavoro né erogheremo una potenza. È ancora una volta evidente come si possa parlare di potenza solo se è presente uno spostamento.

Come si mostrano le curve di potenza e di coppia?

La curva di potenza ha una caratteristica forma ad “uncino”: essa risulta sempre crescente poiché, anche se da un certo punto in poi la coppia comincia a diminuire, il suo prodotto per il regime di rotazione del motore continua a crescere, fino al regime di potenza massima (che non è lo stesso della coppia massima, ma è spostato un po’ più avanti ed è quello indicato nelle schede tecniche); oltre questo punto, il calo della coppia non è più compensato dall’incremento del regime di rotazione, e la curva presenta un breve tratto discendente in cui c’è una diminuzione della potenza erogata.

Una coppia ben distribuita e costante lungo un ampio arco di utilizzo, con un valore relativamente elevato già disponibile sin dai regimi più bassi, a prescindere dal suo valore massimo, indicherà un motore capace di fornire una spinta omogenea e senza brusche variazioni in una ampia fascia di funzionamento: sono questi i motori molto elastici, tipicamente Diesel e i benzina sovralimentati, che garantiscono una buona dose di potenza già a bassi regimi.

Se, invece, il massimo della coppia si trova nella fascia alta di regimi e la curva ha una forma “appuntita”,saremo di fronte ad un motore capace di erogare sì una buona potenza, ma concentrata nelle zone alte del contagiri e pertanto un po’ pigro in basso: è il caso, ad esempio, dei motori a benzina aspirati e un po’ “tirati”.
Succede così che propulsori capaci di erogare potenza elevate siano surclassati in fase di ripresa da altri, meno potenti in valore assoluto ma più dotati di coppia in basso; al contrario, nelle prove di accelerazione, in cui il motore è fatto lavorare a regimi molto alti, diventa dominante il valore di potenza massima.

Ma non trascuriamo, però, l’influenza esercitata da fattori esterni al motore, primi fra tutti la massa del veicolo e la rapportatura del cambio, sulle prestazioni e il piacere di guida ottenibili da un’automobile.Gli amanti dei motori aspirati, rinunciano ben volentieri alla coppia in basso per poter godere dell’allungo e del tiro nella zona alta del contagiri! Viceversa, chi adotta una guida paciosa e rilassata, si sentirà più a suo agio con un bel motore Diesel di ultima generazione.

E voi che tipi siete? Volete tutto e subito, oppure volete qualcosa in più anche se vi tocca aspettare un po’ per ottenerlo?

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